HOME / RCM

Cardiomiopatia restrittiva (RCM)

Home / Cardiomiopatia restrittiva (RCM)

Che cos'è la cardiomiopatia restrittiva?

E’ una malattia che colpisce primariamente il muscolo cardiaco. Il nome deriva dal fatto che tipicamente il cuore perde le sue normali capacità di rilassamento (da qui l’aggettivo restrittiva): troverete scritto nei referti disfunzione diastolica”. Spesso esiste una sovrapposizione con la cardiomiopatia ipertrofica (CMI) che può manifestare lo stesso tipo di disfunzione, ma in questi casi lo spessore ventricolare raggiunge o supera il valore di 15 mm. La differenza principale con la CMI infatti è la mancanza di ipertrofia delle parenti ventricolari: nella CMR pura solitamente non superano lo spessore di 13 mm; inoltre l’atrio sinistro tende a dilatarsi precocemente e progressivamente.

La RCM è definita infatti da patofisiologia restrittiva del ventricolo sinistro e/o destro in presenza di volumi diastolici normali o ridotti (di uno o entrambi i ventricoli), normale spessore ventricolare, e dilatazione atriale.      

Esistono malattie cardiache diverse dalla RCM primitiva che possono presentarsi con disfunzione diastolica e che devono essere riconosciute e quindi escluse e per le quali le terapie possono essere specificamente legate alle cause.

Vi sono inoltre numerose genocopie e fenocopie: le prime sono malattie genetiche di varia natura, spesso sindromiche, le cui manifestazioni cliniche simulano la RCM primitiva; le seconde sono malattie acquisite, per esempio tossicità di alcuni farmaci, che possono presentarsi funzionalmente come RCM.  Una condizione a se state che si manifesta a livello cardiaco con disfunzione diastolica e viene spesso inglobata tra le RCM è l’amiloidosi cardiaca che può essere acquisita, come le forme primitive oppure genetica, come le forme da difetti del gene transtiretina (TTR) (v. Foglio Amiloidosi cardiaca).

Chi colpisce?

E’ una malattia che, nella sua forma pura, colpisce prevalentemente i bambini ed i giovani adulti, sia di genere maschile che femminile. Viceversa, le forme non primitive con disfunzione diastolica come l’amiloidosi, sono tipiche dell’età adulta avanzata.

E' frequente nella popolazione generale?

La RCM “pura” è una malattia molto rara; le conoscenze ad oggi disponibili ci dicono che la prevalenza è di 1:100.000 soggetti; quindi, come tale, soddisfa i criteri che definiscono le malattie rare. E’ possibile che i dati epidemiologici risentano negativamente delle difficoltà diagnostiche e dei fatto che la RCM primitiva può essere confusa co altre malattie caratterizzate da disfunzione diastolica.

Chi fa la diagnosi?

La diagnosi è formulata dal cardiologo che esegue una visita, un ECG ed un ecocardiogramma transtoracico; spesso si esegue anche un prelievo ematico per verificare i livelli di alcuni parametri che possono essere alterati e modificarsi nel corso della malattia o che contribuiscono alla comprensione dell’eventuale coinvolgimento di tessuti o organi extra-cardiaci (per es. il muscolo scheletrico, o rene). Può essere utile eseguire una risonanza magnetica nucleare. Altri esami speciali come lo “studio elettrofisiologico” possono essere prescritti in caso di disturbi del ritmo cardiaco. Spesso poi è necessario verificare la presenza di aritmie, anche non percepite, per cui serve il monitoraggio ECG di 24 ore (Holter 24-H). A volte la RCM si manifesta nell’ambito di malattie “sistemiche” che colpiscono più organi ed apparati: per questo può rendersi necessaria una valutazione multidisciplinare, ovvero la partecipazione di più specialisti alla diagnosi della malattia (nefrologi, neurologi, gastroenterologi, internisti, etc.).

E' vero che per la diagnosi può essere utile la biopsia del cuore (BEM)?

Vi sono forme di RCM le cui cause possono essere immediatamente riconosciute con la biopsia del cuore; si tratta di una procedura invasiva ma semplice, ormai routinaria nei centri di riferimento, specie i centri trapianto la cui esperienza relativa alle BEM supera le decine di migliaia di procedure. Non richiede ospedalizzazione: viene eseguita insieme al “cateterismo cardiaco destro” in regime di day hospital oppure ambulatoriale. La biopsia comporta una piccola anestesia locale a livello della cute del collo: l’operatore inserisce lo strumento (biotomo) nei vasi venosi e da qui raggiunge il ventricolo destro, dove vengono effettuati piccoli prelievi (2-3mm) di tessuto cardiaco che poi sono esaminati al microscopio.

Chi segue i pazienti?

In generale, i pazienti sono regolarmente seguiti da gruppi clinici costituiti dai diversi specialisti che già intervengono nel percorso diagnostico. Pur esistendo regole generali, il piano di monitoraggio e le scelte terapeutiche devono essere personalizzate per garantire la gestione ottimizzata di ogni singolo problema clinico sulla base delle sue caratteristiche e gravità, e, nel contempo, la protezione dall’eccesso di ricoveri ospedalieri o di accessi all’ospedale, quando non siano necessari. In generale il monitoraggio multidisciplinare (clinico generale, cardiologico, ortopedico, oculistico, eventualmente neurologico o con altre specialistiche se e quando necessario) viene eseguito nel corso di un unico accesso periodico al centro di riferimento, in regime ambulatoriale. Il ricovero ospedaliero può rendersi necessario per interventi chirurgici. Deve esistere un coordinamento di tutte queste attività cliniche; i centri di riferimento offrono questo coordinamento. La regolarità del monitoraggio, in genere annuale, è importante per garantire un’attenta valutazione della progressione dei diversi problemi clinici e per decidere quindi nei tempi opportuni, le migliori

Quali sono le cause?

La MFS è causata da difetti –mutazioni – del gene FBN1. Spesso si parla di malattie Marfan-simili, ovvero di disordini che possono somigliare alla MFS ma che di fatto sono malattie diverse. Nel 75% dei casi la MFS è familiare e trasmessa con modalità autosomica dominante: questo significa che un genitore affetto ha 50% di probabilità di trasmettere la sua malattia ad ogni figlio. Nel rimanente 25% dei casi, la MFS si presenta de novo: la mutazione in FBN1 compare per la prima volta nel paziente affetto. I genitori risultano non portatori  e non affetti. Nelle forme famigliari accertate, il test genetico prenatale consente di verificare se la mutazione del genitore affetto è stata trasmessa al feto; si esegue di solito al terzo mese di gravidanza. Il test genetico può, in alternativa, essere effttuato dopo la nascita.

Q&A

Dopo aver ricostruito la storia della famiglia nella quale può già essere evidente la presenza di altri membri affetti dalla stessa malattia, i parenti, almeno di primo grado, eseguono una valutazione cardiologica non invasiva con visita, ECG ed ecocardiogramma: questo consente diagnosi precoci anche quando la malattia è ancora nelle sua fase pre-sintomatica. Spesso tuttavia, specie nei bambini, la malattia appare sporadica (genitori non affetti) e la causa genetica è de novo, ovvero compare per la prima volta nella famiglia proprio nel piccolo paziente.

Quando la causa è genetica, la CMR può essere de novo o si trasmette di genitore in figlio (autosomica dominante – 50% di rischio di trasmissione). In una minoranza di casi familiari, la modalità di trasmissione è diversa e a volte la malattia può apparire “sporadica” anche se ha una causa genetica (autosomica recessiva, legata al cromosoma X, matrilineare o de novo).

Un test genetico è la ricerca di difetti nei geni che possono causare CMR; si esegue su DNA estratto da un campione di sangue. Dopo l’identificazione del difetto genetico potenzialmente associato alla CMR, lo stesso difetto sarà ricercato nei parenti sia sani sia malati; questo consentirà di verificare una condizione che si chiama “segregazione” ovvero: chi è portatore del difetto ha la malattia, mentre chi non lo è, non ha la malattia.

Il test genetico può modificare le decisioni di gestione della malattia, specie nel caso di malattie sistemiche come l’amiloidosi per le quali ci sono ormai terapie specifiche, o il rischio di blocco atrioventricolare come nelle desminopatie, nelle quali è utile capire quando impiantare un pace maker (PM) perché spesso esordiscono (o manifestano già in fase precoce) con un blocco elettro che si chiama blocco atrio-ventricolare (BAV). Per il resto, in genere, il test genetico non modifica significativamente la terapia. Un test genetico può essere negativo o perché non sono ancora stati scoperti tutti i geni che causano la CMR, oppure perché le cause non sono genetiche.

Lo svenimento (o sincope) con perdita di coscienza può verificarsi una o più volte. E’ fondamentale riferire subito l’evento al cardiologo di riferimento che farà i dovuti accertamenti per capirne le cause e stabilire se sono sincopi pericolose e che eventualmente richiedano un defibrillatore impiantabile o un pace-maker. 

Può succedere che, specie durante sforzo, si percepisca fatica di respiro. E’ necessario consultare il proprio cardiologo di riferimento che rivedrà la terapia o consiglierà un breve ricovero per l’ottimizzazione terapeutica. Se la fatica di respiro coglie di notte a riposo ed è crescente, può essere necessario un ricovero ospedaliero.

Sì, i battiti possono essere percepiti come senso di irregolarità, subbuglio, battiti mancanti. Questi sintomi vanno riferiti.

Può succedere che le gambe si gonfino o che si avverta un senso di distensione e gonfiore addominale: in questi casi deve essere consultato il cardiologo clinico di riferimento per “aggiustare” la terapia.

Il trapianto cardiaco potrebbe essere necessario nel caso in cui le terapie mediche non bastino più a sostenere il cuore. Ma… di questo parliamone insieme o parlatene con il vostro cardiologo di riferimento. E’ importante che sappiate che tutti i cardiologi conoscono queste cardiomiopatie e sano come fare diagnosi. Ci sono poi centri di riferimento nazionale che possono avere un’esperienza maggiore di altri, ma il vostro cardiologo sa sicuramente come guidarvi. 

Aggiornamenti

Nel 2023 sono state pubblicate le linee guida della Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology): “2023 ESC Guidelines for the management of cardiomyopathies. Developed by the task force on the management of cardiomyopathies of the European Society of Cardiology (ESC)”*.

  • Le linee guida riguardano tutte le cardiomiopatie e quindi anche la DCM. Lo scopo generale è quello di aiutare i medici che diagnosticano le cardiomiopatie e gestiscono pazienti, fornendo le migliori evidenze scientifiche e cliniche disponibili alla data della loro pubblicazione. Gli studi clinici controllati randomizzati in pazienti con cardiomiopatie sono pochi. Per questo motivo, la maggior parte delle raccomandazioni in questa linea guida si basa su studi di coorte osservazionali e sul consenso di esperti.
  • L’obiettivo specifico è quello di fornire ai medici un percorso diagnostico pratico e indicazioni sui trattamenti per pazienti di tutte le età. Dato il numero crescente di pazienti che vengono riconosciuti avere una base genetica nota per la loro malattia, le linea guida considerano le implicazioni delle diagnosi anche per le famiglie e forniscono consigli sulla riproduzione e contraccezione.
  • Poiché le cardiomiopatie possono presentarsi a qualsiasi età e possono interessare individui e famiglie durante l’intero corso della vita, le linea guida seguono il principio di considerare le cardiomiopatie in tutti i gruppi di età come singole entità patologiche, con raccomandazioni applicabili a bambini e adulti, pur nella consapevolezza che i dati basati sull’evidenza per molte delle raccomandazioni sino significativamente più limitati per i bambini.